Rassegna stampa
dioPluto
“[…] In modo senz’altro rocambolesco, reso benissimo nella sua originale comicità dall’abilità degli attori ad alternarsi sulla scena con battute che richiamano la testa dello spettatore ai drammi economici dell’attualità, […] Ferrini riesce bene, senza tradire lo spirito del testo e senza appiattire la complessità dei temi, nell’attualizzare e rivitalizzare problemi che si annidano nella sua diseguale distribuzione che si autoalimenta e che è resa sempre più acuta.”
(Martina Corti – www.frammentirivista.it)
“[…] A guidare questo dialogo fra i secoli è […] il regista e attore Jurij Ferrini, con la sua personale riscrittura dell’opera del grande Padre della risata comica antica (Pluto, 388 a.C.): qualche sforbiciata al testo originale, ma soprattutto innesti ben calibrati di riferimenti all’oggi, attraverso quegli interstizi che permettono l’osmosi antico-presente. […] Bravi gli attori, impegnati in più ruoli e un plauso particolare va alla Rossetti, che è una solenne e severa Povertà, ma anche moglie svampita di Crèmilo e tenera vecchina tradita. Lo scheletro della commedia antica è ben riconoscibile e merito della regia moderna è portare il pubblico a ridere ragionando sul presente. La scenografia presenta una colonna centrale e cuscini sparsi che imitano le forme di rovine e marmi, parodia voluta di uno scenario antico: il sogno di un mondo alla rovescia è come un ammortizzatore, a tratti irriverente, su cui planare con un sorriso e dimenticare, almeno per un poco, le cadute e le spigolosità della vita reale. E tutto grazie alla fantasia del grande Aristofane.”
(Gilda Tentorio – lecconews)
“La riflessione e il tema dello spettacolo portano avanti problematiche, perplessità, ingenuità per arrivare al fondo di una nuova consapevolezza attraverso una storia apparentemente lontana, ma in realtà molto vicina. Il testo di Aristofane è qui stato riadattato da Jurij Ferrini, non solo autore ma anche attore e regista, che porta in scena con grinta una satira forte che tocca temi politici ed economici in modo schietto e arguto con un linguaggio spesso provocatorio. Con lui un ottimo cast formato da Francesco Gargiulo, Federico Palumeri, Andrea Peròn, Rebecca Rossetti. Uno spettacolo di poco più di un’ora che poteva anche durare oltre, in cui si sghignazza, si ride e da cui emerge il desiderio di interrogarsi in modo più approfondito sulla realtà dell’Italia di oggi”.
(Roberta Usardi – www.modulazionitemporali.it)
“Ferrini ha dato vita a una commedia graffiante, grottesca e irriverente, in puro stile “aristofaneo”, sul potere del denaro, scritta per divertire e schiaffeggiare ogni perbenismo e prendersi gioco di ogni potere costituito, divino o terreno”.
(www.milanoreporter.it)
“[…] ancora una volta Jurij Ferrini gioca con il pubblico puntando sulla commistione tra ieri e oggi, tra commedia antica e satira attuale, in questo caso tra mitologia e attualità. […] I costumi dei protagonisti potrebbero essere giusti per una commedia di Aristofane, il testo gli è apparentato, ma le battute riguardano fatti e personaggi di oggi. È il gioco […] con il pubblico, a cui a volte si rivolge, con cui chi ama il teatro (e il suo modo di affrontarlo) si diverte molto, sentendosi quasi complice. […] Lo spettacolo riesce a conquistare il pubblico proprio per quella commistione tra ieri e oggi, strettamente legata al mondo del teatro, a cui Jurij Ferrini ci ha ormai abituato, e arricchita con musiche, luci, qualche movimento coreografico”.
(Valeria Prina – www.spettacolinews.it)
“Il risultato è riuscitissimo, il 388 a.c. di Aristofane e il 2018 d.c. nostro e di Ferrini si sovrappongono senza sfaldature. Una piacevole scoperta per chi non ha dimestichezza con il teatro antico e una conferma per gli amanti della cultura classica, che già sanno quanto il pensiero greco sia sempre fecondo di riflessioni utili per i nostri giorni. […] Illuminati da luci crude, che sembrano volerci suggerire un mondo in cui è tutto bianco o tutto nero, Ferrini (autore dell’adattamento, interprete di Cremilo e regista), Francesco Gargiulo, Rebecca Rossetti (a cui va un plauso per l’eclettismo dei vari personaggi a cui dà corpo), Federico Palumeri e Andrea Peron si muovono, corrono, danzano e cantano in un mondo di pietraglie e rovine, degno specchio dell’umanità ritratta nella commedia, fatte di sacchi ammucchiati. L’accumulo che è alla base dell’iniqua distribuzione dei beni ci guarda dal palco. Da vedere.”
(Viviana Gariboldi – www.milanofree.it)
“Il Dio Pluto di Jurij Ferrini offre la rielaborazione in chiave allegorica della commedia, con esilaranti spunti di riflessione sulla situazione economica del nostro paese, del continente e del pianeta intero”.
(www.milanoinscena.it)
“L’ateniese Cremilo (un divertentissimo Jurij Ferrini) è afflitto da un dubbio bizzarro: insegnare a suo figlio l’onestà e indirizzarlo verso una probabile povertà oppure insegnarli l’astuzia e garantirgli un ricco futuro? […] Tra battute sagaci, doppi sensi taglienti e comici imprevisti, i protagonisti di “Dio Pluto” dovranno fare i conti con la realtà e con la natura umana”.
(Elisa Ghidini – www.nonaspettiamogodot.it)
“La riscrittura di Ferrini non poteva che essere ricca di graffianti riferimenti ai politici di oggi, facilmente identificabili poiché le divertenti storpiature dei nomi sono leggerissime, così è facile per lo spettatore identificare e ridere di personaggi che tuttora riempiono bocche, televisioni e giornali: dalla politica, alla finanza, a mafia capitale ce n’è davvero per tutti. […] Ferrini e i suoi giovani colleghi divertono e si divertono a scorrazzare nell’oggi economico- finanziario-politico e spesso il regista-interprete assume toni e modi da capopolo, un mix tra vetero socialismo e attuale populismo. Ovviamente anche nella rilettura di Ferrini l’ennesima utopia di Aristofane non si concretizza ed è la stessa Povertà, in carne e ossa, la prima ad affermare che una distribuzione egualitaria della ricchezza porterebbe inevitabilmente i molti a una rilassatezza dei costumi nociva al vivere sociale. Ferrini, nel ruolo dell’anziano e onesto Cremilo che tenta l’impossibile risanando dalla cecità Pluto, è in forma e particolarmente efficace quando ironizza, praticamente anche su se stesso, tirando frecciate velenose a certo modo di far teatro. Bravi Francesco Gargiulo (Pluto), Federico Palumeri nel ruolo del servitore Carione, Andrea Peròn (Ficcanappia, vicino di Cremilo, ed Ermes). Convince soprattutto Rebecca Rossetti, giovane talentuosa attrice, che regala due nitidi cammei dapprima rendendo una Povertà ascetica e feroce e successivamente diventando grottesca nel ruolo della perversa donna anziana, abituata a pagare le attenzioni amorose di un giovane che, diventato ricco, s’accompagna a donne più giovani e piacenti.”
(Adelio Rigamonti – teatromilano.sonda.life)
“[…] Jurij Ferrini, regista e attore nel Dio Pluto, conserva il taglio irriverente del grande commediografo e lo riadatta ai nostri giorni: gioco non facile ma, grazie alla sua preparazione e alla bravura degli attori coinvolti, perfettamente riuscito.[…] E qui le risate del pubblico non mancano, probabilmente perché il dilemma, per quanto bizzarro, risulta ancora disgraziatamente attuale. […] Lo spettacolo si conclude con il gruppo dei protagonisti che marcia verso le banche, per assaltarle, distruggerle e ricostruire da zero un ordine più giusto. Così sembra essere sempre nella storia dell’umanità: disfare e riprovare. Così suggerisce Aristofane che, tra un attacco alla tragedia e un altro alla politica, tra commenti scurrili e vivaci allusioni, arriva a confidarci l’impossibilità di un’uguaglianza perfetta. Ferrini recupera questo dubbio e lo traspone ai giorni nostri, usando lo stesso qualunquismo e gli stessi luoghi comuni con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno e sfidandoci a non riderne.”
(Elisa Ghidini – www.cultweek.com)
“Ferrini […] non nasconde di trarre ispirazione dalla cronaca, anzi ribadisce senza mezzi termini la volontà di interpretare la profonda ‘attualità’ dell’autore con rispetto e libertà (che di fatto sono la stessa cosa, a mio avviso, nel caso di Aristofane: restando fedeli alla lettera del testo si tradisce profondamente la comicità, l’efficacia, il senso ultimo in definitiva). […] dirige con un buon ritmo […] evita giustamente falsi moralismi, pruderie, eufemismi, rispetta l’alternanza di basso e sublime tipica di Aristofane, quando occorre non rinuncia al turpiloquio (che, come nell’originale, è spesso un intercalare espressivo per marcare le battute soprattutto del servo e dei personaggi ‘bassi’). Uno su tutti, la frequenza del “Vaffa..” che prima di essere ‘usurpato’ come slogan, specie da Grillo e seguaci, ricalca diverse espressioni greche sostanzialmente equivalenti dell’originale. Ferrini sa gestire in maniera autonoma con equilibrio e disinvoltura anche il finale, sospeso e problematico come è già nell’autore greco, che pur assurto a classico non ama certo il ‘classico’ lieto fine. Qui le predizioni di Povertà si avverano sì, ma con un colpo di coda dolceamaro, utopico e retrò, falsamente ingenuo, in perfetto stile Aristofane: a 50 anni esatti dal ’68 risuona inevitabilmente disillusa e ironica la battuta conclusiva che propone di assaltare le banche, ridare al popolo il denaro che gli appartiene, battere una nuova moneta e chiamarla “pueblo”. Gli interpreti come raggelati, allineati in posa da Quarto Stato, si congedano dal pubblico seri, senza sorridere, levando in alto il pugno chiuso, sulle note di una versione contemporanea dello storico “El Pueblo Unido Jamàs serà vencido”.
(Martina Treu – www.stratagemmi.it)