In Sogno di una notte di mezza estate, passione e inganno si avviluppano in modo assurdo e repentino per poi dipanarsi come d’incanto. Realtà e irrealtà giocano a fondersi e a confondersi insieme in una folle notte d’estate governata dal capriccio di Amore, la forza più potente e misteriosa del mondo.
Commedia fantastica e tenebrosa, con estrema delicatezza e grande immaginazione, William Shakespeare intreccia e combina in un disegno unitario le diverse vicende di due coppie di innamorati che per amore – opponendosi alla legge – fuggono dalla propria città, si inseguono e si perdono in un bosco, regno di maghi, fate e dispettosi spiriti. In quello stesso bosco, con amore e dedizione, una sgangherata compagnia di artigiani allestisce un improbabile dramma da rappresentare davanti alle autorità della città.
Foto di © Luigi Cerati / Festival Teatrale di Borgio Verezzi
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
di William Shakespeare
traduzione di Antonio Mazzara
adattamento a cura della compagnia
regia di Jurij Ferrini
con (interpreti e personaggi, in ordine alfabetico)
Paolo Arlenghi – Bottom
Jurij Ferrini – Egeo / Oberon / Peter Quince
Marita Fossat – Ermia
Michela Gioiella – Ippolita / Titania
Agnese Mercati – Elena
Federico Palumeri – Lisandro / Tom Snout
Stefano Paradisi – Teseo / Francis Flute
Michele Puleio – Demetrio / Robin Starvelling
Rebecca Rossetti – Puck
assistenti alla regia Sonia Guarino, Claudia Tura
luci e suono Gian Andrea Francescutti
coreografie di Rebecca Rossetti
consulenza costumi Monica Cafiero
maschera realizzata da Paola Caterina D’Arienzo
foto di locandina Stefano Roggero
promozione e distribuzione Chiara Attorre
produzione esecutiva Wilma Sciutto
Progetto U.R.T. è sostenuto da Servizi Teatrali srl di Casarsa della Delizia (PN)
UNA PRODUZIONE PROGETTO U.R.T. IN COLLABORAZIONE CON 55° FESTIVAL TEATRALE DI BORGIO VEREZZI
Sogno di una notte di mezz’estate di William Shakespeare è sicuramente una delle più famose commedie del teatro elisabettiano, probabilmente la più rappresentata sui palcoscenici di tutto il mondo occidentale.
Ma si sa che in ogni epoca storica, e addirittura in ogni momento della vita di un interprete, una stessa storia può prendere sfumature, echi o letture diverse. Quindi il problema non è tanto presentare l’opera in sé, narrando le vicende dei quattro innamorati che si inseguono in un bosco incantato, popolato dalle fate, dal loro re Oberon, con quel pasticcione del suo servo – il celebre Puck – e dalla regina Titania; e forse non serve neppure ricordare gli artigiani, che, come in una filodrammatica di paese, proprio in quel bosco, allestiscono un improbabile dramma classico, soggiogati dalla incontenibile esuberanza di Nick Bottom, tessitore ed attore amatoriale, il quale ama il teatro al punto da farlo letteralmente a pezzi.
La vera domanda è: cosa può raccontarci oggi, nel 2020 – quando il nostro spettacolo debutterà – questa splendida favola? (No, non è un errore l’anno: era il nostro obiettivo, ma i fatti ci hanno preceduto ed hanno sparso per il mondo una pestilenza mortale per 4 milioni di persone; in ogni caso queste note di regia sono ancor più validate dai tragici eventi che continuano). Mi pare che il perno centrale di una lettura moderna di quest’opera sia il mistero della tempesta biologica dell’innamoramento, una sequenza biochimica di emozioni che per durata ed effetti vince su qualsiasi altra droga, più o meno naturale. L’amore è un vero mistero. Gli antichi avevano immaginato un bimbo alato, capriccioso e bendato che scoccava frecce nel cuore di chi doveva innamorarsi: Cupido.
Ma il rapporto di questo testo con la biologia non finisce con la tempesta biochimica dell’amore; i continui litigi tra Oberon e Titania, stanno mandando fuori sesto la natura, la sua armonia. I loro alterchi stanno mettendo in serio pericolo il clima del pianeta, con conseguenti catastrofi a noi molto familiari: quali esondazioni di fiumi, carestie e pestilenze in varie parti del pianeta.
E che dire dell’eccessivo amore per il teatro che appassiona la scalcagnata compagnia di dilettanti? Si tratta di passione, appunto.
Questo è un testo di giovani che parla ai giovani; giovani nel pieno delle loro tempeste ormonali; penso che mai Shakespeare avrebbe immaginato che giovani di altre epoche, successive alla sua, così lontane nel tempo, si sarebbero messi a marciare non per una guerra, ma per cercare di rimettere in equilibrio la natura. Mi riferisco ai movimenti spontanei sorti per difendere la nostra stessa sopravvivenza sul pianeta, un tema complesso con un corollario di problematiche che toccano le incredibili diseguaglianze sociali ed economiche tra i popoli della terra.
I giovani di oggi marciano. Non credono più nelle favole, ma sono pienamente consapevoli della meno divertente e molto pragmatica avidità umana.
È a loro, a chi resterà dopo di noi, a chi vedrà la fine di questo secolo, che mi piacerebbe dedicare questa nostra ultima fatica. A loro mi piacerebbe dedicare questo Sogno.
La velocità del progresso tecnologico mi impedisce di immaginare come saranno quei giovani verso la fine del XXI secolo. Mi guardo intorno, e li vedo pieni di passione per la vita, che quando si innamorano lo fanno perdutamente, che hanno un futuro ancora tutto da costruire e penso saranno migliori di noi. Questo è sicuro. Io ci credo davvero. E questo infiamma di passione anche me e i miei compagni. Questa passione si trasformerà in puro divertimento, con la nostra consueta semplicità. Era un testo che presto o tardi avremmo dovuto incontrare. Ed eccoci qui. Con un sogno… di una notte di mezza estate… pieno di speranza per il futuro.
Jurij Ferrini
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“Sembra un ritorno alle origini registiche di Jurij Ferrini questo Sogno di una notte di mezza estate. A quando, con lo scoccare del nuovo millennio e con l’allora neo nato Progetto U.R.T., si fece conoscere con una magnifica Mandragola, priva di qualsiasi orpello scenografico e incentrata solo sul testo e sugli attori. Il suo amore per Shakespeare e un gruppo di giovani assai vivaci e generosi lo hanno riportato a quel “teatro povero”, scritta che, non a caso, si compone sugli schienali di sedie, unici oggetti in scena. Il resto, con grande intelligenza, lo ottiene sfruttando la scenografia naturale della chiesa della piazzetta di Borgio Verezzi che, con efficaci giochi di luci, si fa di volta in volta bosco o palazzo. […] Tra sogno e realtà, al centro di tutto è l’amore. […] Amore come tempesta ormonale, come esercizio di potere, come magica e pericolosa sovversione dell’armonia della natura, come maldestro avvicinamento alla cultura “alta”. Ferrini […] con carismatica esperienza guida i suoi ragazzi, con cui ha adattato il testo all’essenziale, a misurarsi, oggi, con tutte queste forme di amore, non ultima quella per il pianeta, affidata nel finale ai versi di Mariangela Gualtieri (Nove marzo duemilaventi), detti con dolce intensità dal Puck un po’ punk di Rebecca Rossetti.”
Claudia Cannella – Hystrio
“Lo spettacolo […] è agile e intelligente, ricco di buon gusto ed equilibrio, caratterizzato com’è da compattezza e coerenza per la regia priva di pedanterie di Jurij Ferrini […]. Vanno apprezzati indistintamente i giovani attori, alcuni interpreti in due ruoli e i vari collaboratori per aver offerto al pubblico una rappresentazione fiabesca, che parla all’intelligenza e al cuore dell’uditorio con una scenografia intenzionalmente povera. La sfida non era facile in quanto la pièce allestita è una commedia unitaria che sviluppa quattro trame amorose.”
Roberto Trovato – Sipario.it
“Un Puk versione rapper ambientalista e un Oberon beffardo ma alla fine innamorato della vita e dell’amore. Una commedia degna del grande Shakespeare la versione di Sogno di una notte di mezza estate di Jurij Ferrini e degli otto attori del Progetto Urt quella messa in scena in anteprima nazionale a Borgio Verezzi (Sv) il 10 e l’11 agosto. I bravissimi e giovani attori della compagnia, dei quali alcuni hanno vestito i panni di due personaggi, hanno catturato il pubblico della piazza-platea più affascinante d’Italia per quasi due ore tra risate e sorrisi. La rilettura di Ferrini, che del testo shakespeariano è fedele nella poesia, con qualche divagazione lessicale nella contemporaneità, ha proposto un ritmo piacevolmente serrato e nello stesso tempo un continuo passare dalla realtà al sogno, così come l’autore voleva, dall’assurdo del male, ai momenti di riflessione sul futuro del pianeta.”
Laura Marinaro – ilpuntonotizie.it
STAGIONE 2023/2024
> 21 ottobre 2023
Teatro di Ragazzola – Ragazzola (PR)
> 25 gennaio 2024
Teatro Anzani – Satriano di Lucania (PZ)
> 27 gennaio 2024
Teatro Bonoris – Montichiari (BS)
> 27 febbraio 2024
Teatro Astoria – Lerici (SP)
> 7 marzo 2024
Palazzo dei Congressi – Riva del Garda (TN)
STAGIONE 2022/2023
> 22 novembre 2022
Teatro Ruggero Ruggeri – Guastalla (RE)
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Teatro Toselli – Cuneo (CN)
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Teatro comunale Luigi Candoni – Tolmezzo (UD)
> 10 dicembre 2022
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Teatro Bellarte – Torino
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Teatro Duse – Genova
> 26 agosto 2023
Festival del Teatro Medievale e Rinascimentale – Anagni (FR)
STAGIONE 2021/2022
> 10 – 11 agosto 2021 / PRIMA NAZIONALE
55° Festival Teatrale di Borgio Verezzi
> 13 agosto 2021
Plautus Festival
> 17 novembre 2021
Teatro Pasolini – Casarsa della Delizia (PN)
> 8 gennaio 2022
Teatro Giacosa – Ivrea (TO)
> 9 gennaio 2022
Teatro Sociale Villani – Biella (BI)
> 22 febbraio 2022
Teatro Comunale Fedele Fenaroli – Lanciano (CH)
> 29 marzo 2022
Teatro Talisio Tirinnanzi – Legnano (MI)
> 1 aprile 2022
Teatro Baudi di Selve – Vigone (TO)
> 6 aprile 2022
Teatro Alessandrino – Alessandria (AL)
> 9 aprile 2022
Teatro Politeama Boglione – Bra (CN)
> 30 aprile 2022
Teatro La Fabbrica – Villadossola (VB)
> 4 agosto 2022
Tenuta Venturini Baldini – Roncolo (RE)
Sogno di una notte di mezza estate vince il Premio Mulino Fenicio del 55° Festival Teatrale di Borgio Verezzi. Il premio è stato istituito dal comune di Borgio Verezzi e dall’avvocato Luca Finocchio Mapelli per dare un riconoscimento “alla scenografia più geniale del Festival, che si collochi fra tradizione e innovazione, da scegliere tra quelle degli spettacoli in prima nazionale”. Questa la motivazione: “aver saputo coniugare le origini, quando gli spettacoli venivano rappresentati a scena spoglia o con pochi arredi (e qui gli unici oggetti sul palco sono sedie i cui schienali sono contrassegnati ciascuno da una lettera dell’alfabeto e disposti in modo da comporre all’inizio la scritta “teatro povero“ e alla fine “povero teatro”), alla contemporaneità, utilizzando il fondale naturale della chiesa di Sant’Agostino che, con efficaci giochi di luci, si trasforma di volta in volta in bosco o in palazzo”.
Alcune foto delle prove (© Stefano Roggero)
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